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In Italia

Un rinnovamento difficile

Nella prima metà del Novecento, alcuni musicisti vorrebbero in qualche modo "rinnovare" la musica in Italia, aprendola ai nuovi stili europei. Tra i rinnovatori, però, c'è chi intende recuperare l'antica tradizione strumentale italiana ed europea; e chi, invece, guarda alle proposte di avanguardia

Si creano quindi due "partiti" innovatori:

Il secondo gruppo è quello che riesce ad essere più incisivo sul piano del rinnovamento musicale.

Nel campo della produzione strumentale per orchestra, Respighi è - probabilmente - colui che raggiunge i migliori traguardi musicali. Nato a Bologna nel 1879, studia con Martucci e, a San Pietroburgo, con Rimski-Korsakov. Compone i poemi sinfonici Le fontane di Roma (1916), I pini di Roma (1924), Feste romane (1928). Sono composizioni in cui Respighi rivela tutta la sua maestria come orchestratore; con esse, si pone ai massimi livelli della produzione orchestrale europea del primo Novecento.

Innovatore, ma con un occhio rivolto al passato: compone infatti il Concerto gregoriano per violino e orchestra (1921), le Antiche arie e danze per liuto (1917), i Canti all'antica, il Concerto in modo misolidio per pianoforte e orchestra (1924). Scrive anche opere teatrali: Belfagor, La campana sommersa, La fiamma. Muore a Roma nel 1936.

Il "flop" dei futuristi

Nei primi anni del Novecento nasce in Italia il movimento dei Futuristi:

  • ostentano un atteggiamento di condanna verso tutto ciò che si lega al passato;
  • esaltano la civiltà della macchina e dell'industria, la scienza e la tecnica.

Nel campo della pittura raggiungono ottimi risultati con Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà (nell'immagine). Nella letteratura e soprattutto nella musica i risultati sono però assai modesti. Luigi Russolo (1885-1947) inventa un apparecchio capace di produrre rumori...intonati (l'intonarumori). Balilla Pratella (1880-1955), allievo di Pietro Mascagni, fa eseguire la sua Musica futurista al Teatro dell'Opera di Roma nel 1913: un lavoro modestissimo. La proposta musicale dei futuristi italiani è davvero inconsistente. Si ricerca l'effetto scandalistico, la trasgressione, senza avere però un progetto musicale valido né il talento per poterlo attuare.

Nel video possiamo vedere in azione l'intonarumori.


Il secondo dopoguerra

Immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, in Germania, nel castello di Kranichstein presso Darmstadt, prendono avvio i corsi estivi della Nuova Musica: una sorta di laboratorio permanente sulla composizione musicale di avanguardia.

Tra gli italiani intervengono Luigi Nono, Bruno Maderna, Luciano Berio. La loro scrittura musicale si inoltra verso i sentieri più remoti dell'avanguardia e, in alcuni casi, richiede anche una grafia musicale specifica.

A partire da questi anni, si crea però una scissione tra i compositori e il pubblico. Il comporre è ora soprattutto ricerca, sperimentazione. Può fare a meno del pubblico. Del resto, le musiche di avanguardia appaiono così difficili da seguire e da comprendere che il pubblico, se non è particolarmente competente o interessato, se ne sente del tutto estraneo.

Luciano Berio (1925 -2003) è tra gli autori cronologicamente più vicini a noi. Dopo gli studi musicali in Italia e in America, fonda a Milano lo Studio di fonologia musicale della RAI, insieme a Bruno Maderna. Pioniere italiano della musica elettronica, acquista presto fama come compositore e didatta: insegna alla Julliard School di New York, a Darmstadt, a Parigi. Compone Nones per orchestra, lavori elettronici come Omaggio a Joyce e ben 13 sequenze per voci e strumenti solisti: per flauto, per trombone, chitarra, fagotto, ecc. Oltre a questo, Folk songs per voce e strumenti, Cries of London per sei voci, molti lavori per coro (Ofanim, Shofar) e per il teatro, tra cui La vera storia, su testo di Italo Calvino.

Il video propone Leaf, brano per pianoforte di Luciano Berio.