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L'opera romantica

Il melodramma nell'Ottocento

Il melodramma dell'Ottocento si evolve lungo il solco tracciato dall'opera nel secolo precedente.

L'intermezzo di Pergolesi e Cimarosa ha aperto la strada all'opera buffa: ora non si tratta più di un inserto tra gli atti dell'opera seria, ma di un qualcosa di più consistente.

Gli operisti italiani conoscono perfettamente il loro mestiere, e sanno come valorizzare la voce con il canto. Scrivono le arie delle loro opere, pensando già al cantante che dovrà interpretarle: se questi ha una grande agilità di voce, abbonderanno i pezzi di virtuosismo; se ha un timbro più intenso, allora le arie saranno più espressive. Insomma, gran talento e, soprattutto, un grande mestiere.

L'opera italiana dell'Ottocento segue una precisa linea di evoluzione.

Si parte con Gioacchino Rossini, che innalza l'opera buffa al massimo splendore.

Con Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini si entra di più nel Romanticismo.

Con Giuseppe Verdi, che scrive opere per circa cinquant'anni, grazie anche alla sua longevità, il melodramma tocca tutti i punti dell'opera romantica:

  • la passione risorgimentale, con il Nabucco, I Lombardi alla Prima Crociata, La battaglia di Legnano;
  • il dramma borghese, con Rigoletto, Trovatore e Traviata;
  • i grandi personaggi letterari, come Otello o Falstaff, tratti dalle opere teatrali di Shakespeare.

Quando il Romanticismo si avvia alla conclusione, da una sua costola nasce il Verismo di Mascagni, Leoncavallo, Giordano.

L'opera lirica affida le sue ultime parole ad uno dei massimi compositori italiani di tutti i tempi: Giacomo Puccini, prima di tramontare definitivamente.